Gli Spazi del Teatro
La struttura del Teatro Grande si sviluppa in diversi ambienti, che hanno origini e percorsi storici diversi tra loro.
Oltre la facciata monumentale che dà su Corso Zanardelli, e passando per la Sala delle Statue, si accede alla Sala Grande e al foyer, il cosiddetto Ridotto.
Dalla Sala Grande il pubblico vede il Palcoscenico, il cui accesso è riservato al personale tecnico del Teatro ed è visitabile solamente durante le visite guidate.
Palcoscenico
Il palcoscenico del Teatro Grande è strutturato da muri perimetrali e da due colonnati più interni collegati longitudinalmente da tre archi. In questa area è visibile la struttura portante del tetto. Il piano ligneo del palcoscenico e i suoi supporti sottostanti sono stati ricostruiti con la conca dell’orchestra nel 1984.
Il vastissimo spazio in cui si colloca il Palcoscenico è chiamato Torre scenica e comprende, oltre al boccascena, il ballatoio, una graticcia di manovra e un sistema di tiri manuali e meccanici o a motore elettrico. Nascosti alla vista dello spettatore si trovano la cabina di regia, un agile collegamento con l’esterno per permettere un rapido montaggio e smontaggio delle scene e la falegnameria del Teatro, proprio al di sotto della pavimentazione. Per consentire allo spettatore una buona visuale prospettica, il palcoscenico non è messo in perfetto piano orizzontale, bensì, assumendo un appropriato declivio del 5 %, risulta leggermente degradante verso la platea.
Sala Grande
Platea
Nei secoli passati la platea fu luogo di ritrovo dove si partecipava a veglioni, balli e spettacoli equestri, ma anche a convegni e dibattiti. Essa era quindi concepita non solo come luogo di piacere e di lustro ma anche come ambiente di educazione ed istruzione.
Attualmente le poltrone di platea sono suddivise in 18 file stabili più 4 file nella zona dell’orchestra per un totale di circa 400 posti. Le poltrone sono rigorosamente in tinta con i palchi e su di un piano leggermente degradante verso il palcoscenico.
Il pavimento, rinnovato nel 2001, è costituito da listoni di parquet in legno di rovere, materiale che contribuisce ad incrementare l’acustica della sala. Su di esso s’intravedono le bocche grigliate dell’impianto di condizionamento d’aria, installato con l’intento di aumentare il conforto agli spettatori durante le ore trascorse in teatro, indipendentemente dalle difficoltà climatiche stagionali.
I plachi e le gallerie
I cinque ordini di loggiati che costituiscono l’alzato della sala teatrale si dispongono in tre file di palchi composte ciascuna da 30 palchi suddivisi in due rami, e in due ordini di gallerie. La prima galleria è composta da 16 palchi suddivisi sui due rami nelle parti più vicine ai prosceni, mentre la parte centrale libera da tramezze è attrezzata con poltrone a cavea; l’ultimo piano è totalmente adibito a galleria con poltrone disposte a gradoni.
L’interno dei palchi è rivestito di un appropriato tessuto nella tradizionale tinta rosso-granata. Dello stesso colore sono i velluti imbottiti che rivestono le panche ed i poggiaschiena, dall’originaria struttura lignea. Completano l’arredamento le placche portaspecchio e gli appendiabiti.
La Sala Teatrale
La sala attuale, che segue i canoni della tipica sala del teatro all’italiana, è stata realizzata nel 1810 su progetto dell’architetto Luigi Canonica: è distribuita a ferro di cavallo, con dimensioni di 22 x 17 m circa, e si sviluppa in altezza su cinque ordini di loggiati (tre di palchi e due di gallerie).
L’area occupata dalla sala teatrale era sino al 1740 un cortile adibito a cavallerizza dell’Accademia degli Erranti. Solo in quella data il teatro venne costruito su quest’area, abbandonando lo spazio sottostante la sala dell’Accademia utilizzato per i precedenti teatri.
Nei secoli passati i diversi livelli sui quali si strutturava la sala teatrale assumevano valenze diverse dal punto di vista della gerarchia sociale: la posizione superiore era ovviamente privilegiata e lo stacco netto creato dalla muratura dei palchi con la platea, che non è per nulla graduale, fa intuire la differenza sociale tra chi stava in platea, la borghesia, e chi occupava i diversi ordini, la nobiltà; l’ultimo piano, il loggione, era invece destinato al ceto popolare. Il modello originario della sala si ispirava al topos della piazza, del cortile o della sala di palazzo, un ambiente dove convivevano classi sociali diverse.
I toni cromatici che creano un meraviglioso colpo d’occhio all’ingresso dello spettatore nella sala sono il rosso granata (delle poltrone di platea, della tappezzeria e dei sedili dei palchi), l’avorio e l’oro (delle strutture dei palchi e delle varie decorazioni in legno intagliato e cartapesta).
La decorazione originale, poi sostituita dall’attuale nel 1862, è da attribuire al bresciano Giuseppe Teosa. Quella attuale invece è prevalentemente opera di Girolamo Magnani: i parapetti delle varie file di palchi portano decorazioni a rilievo dorato su fondo avorio diverse da piano a piano: si passa dai tratti semplici del piano terreno, alla più ricca decorazione del primo ordine con tralci, putti musicanti e profili virili, ai rilievi dorati alternati a cornici raffiguranti nudi femminili, putti e strumenti musicali che si alternano sui tre ordini successivi.
L’arcoscenico conserva forme e decorazioni quasi del tutto originali: è costituito da una doppia trabeazione orizzontale sostenuta agli estremi da mensole dorate sulle quali sono inserite figure alate femminili nell’atto di suonare lunghe tube. Al centro è posizionato l’orologio alla cui cornice si appoggiano due figure semisdraiate.
Il soffitto è decorato con geometrie di stucco dorato e gli affreschi del Magnani, che si stagliano sul cielo azzurro che fa da sfondo, si organizzano su corone circolari concentriche costituite da medaglioni ovali monocromi con putti, da figure femminili monocrome, da allegorie riferibili alla commedia, alla tragedia, alla musica e alla danza. Nella zona centrale il soffitto è occupato da un foro semichiuso da una grata che un tempo sorreggeva il grande lampadario, ancora presente a inizio Novecento ma rimosso con l'avvento dell'illuminazione elettrica e a beneficio della visibilità in loggione.
Palco Reale
Secondo la consuetudine italiana, il palco reale del Teatro Grande è collocato sul fondo della sala, nella mezzeria, occupando il primo ed il secondo ordine. Osservato dalla sala, il palco reale ha un’apertura pressoché rettangolare, solo lievemente curvilinea e sporgente nella balaustra e nel baldacchino di copertura. All’interno invece la pianta è circolare ed è superiormente chiuso da una cupoletta decorata da losanghe.
La decorazione interna di tipo neoclassico, l’unica originale del 1810, unica testimonianza artistica a Brescia di Giovanni Biseo, è composta da un fregio orizzontale con aquile dorate che percorre la parte alta delle pareti e da candelabri, sempre dorati, disposti in colonna che richiamano tratti e stilemi egizi. Sopra la porta vi è la tela in forma di lunetta dipinta da Domenico Vantini nel 1810 e raffigurante un’allegoria della notte.
In corrispondenza del palco si apre il salottino di pertinenza, il Retropalco Reale, nobilmente decorato e arredato con le prestigiose poltrone neoclassiche in legno dorato che si utilizzavano nel palco durante le visite dei sovrani.
Saletta Butterfly
Questa sala, oggi utilizzata principalmente per l’attività del Caffè del Teatro Grande - Berlucchi, deve il suo nome alla presenza di diversi cimeli storici riguardanti la celebre opera lirica "Madama Butterfly" di Giacomo Puccini e la sua rappresentazione bresciana, che la consacrò al successo dopo il fiasco della prima milanese al Teatro alla Scala.
Il Teatro Grande ospitò infatti una versione riveduta e corretta della tragedia pucciniana nel corso della Stagione Lirica del 1904, anno in cui la città ospitava l’Esposizione di Brescia nell’area del Castello, decretando il trionfo di questo capolavoro.
Tra i vari oggetti esposti all’interno della Sala, sono presenti il grande manifesto originale dell’epoca per la promozione dell’opera, una lettera autografa di Giacomo Puccini scritta durante il periodo delle prove, la fotografia del cast (si ricordano, nel ruolo dei protagonisti, il soprano ucraino Solomija Krušel'nyc'ka e il tenore Giovanni Zenatello), il diploma di benemerenza che il Comitato dell’Esposizione di Brescia aveva assegnato alla Deputazione del Teatro Grande per gli spettacoli d’Opera organizzati in occasione dell’Esposizione del 1904.
Saletta del Teosa
Fino al 1809 questo ambiente di dimensioni ridotte ospitò un luogo di culto dedicato a San Giacomo apostolo, facente parte del complesso religioso di epoca medievale che sorgeva sul retro dell’attuale edificio del Teatro, corrispondente ai locali dell’attuale portineria e ingresso artisti.
All’inizio dell’800 la saletta venne destinata a sala da giuoco ad utilizzo degli alti ufficiali francesi della Grande Armée, allora presenti sulla piazza di Brescia a seguito della Campagna d’Italia. Nel 1811 la sala venne affrescata dal pittore clarense Giuseppe Teosa.
I soggetti raffigurati sulle pareti – così come la presenza del colore verde, ripreso nei tessuti che arredano la sala – rimandano chiaramente al tema del gioco e alla destinazione d’uso ottocentesca di questo ambiente. Nelle due nicchie sulla parete principale sono raffigurate la Ricchezza (o Abbondanza) a sinistra, con la cornucopia traboccante di monete d’oro, e la Fortuna, recante la Ruota del Destino. Lo spazio centrale ospita la raffigurazione del momento centrale del mito di Eracle, dopo il rapimento dell’amata Deianira per mezzo del centauro Nesso, che di lei si era invaghito. La complessità del dramma e le varie macchinazioni di cui è costellato richiamano in maniera allusiva il mondo del teatro e della messa in scena. Sul soffitto alcune figure mitologiche (probabilmente Diana e Mercurio) stanno conducendo una partita a dadi.
Caffe del Teatro Grande – Berlucchi
Sul lato settentrionale del Ridotto, dopo aver oltrepassato un corridoio trasversale aperto affrescato nel 1765, si entra in una graziosa saletta nella quale si possono osservare i dipinti ornamentali eseguiti dal maestro Francesco Tellaroli, nel 1787. Detta saletta ospitava la Caffetteria, altrimenti detta Buvette (Buffè) del teatro.
Originariamente, quest’ambiente era la sede direzionale della Reggenza accademica. Poco più tardi, soprattutto per sopraggiunte, impellenti esigenze di carattere militare, avvenne la necessaria conversione d’utilizzo in scuola di scherma, la conduzione della quale fu affidata agli stessi valenti accademici.
Il Caffè del Teatro Grande – Berlucchi è oggi un vero e proprio caffè culturale situato nel cuore della città, dove concedersi una colazione, una merenda o un aperitivo circondati da un ambiente più unico che raro.
Ogni anno le aperture serali del venerdì sono dedicate agli amati Aperitivi in Jazz, che animano il Ridotto del Teatro Grande per un aperitivo all’insegna della musica dal vivo.
Il Ridotto
Inaugurato il 22 marzo 1772, questo spazio costituiva uno degli ambienti principali dell’Accademia degli Erranti, antica istituzione seicentesca che occupava questo stesso sito prima della sua trasformazione in sede teatrale. Nato come sala delle adunanze per gli accademici dell’epoca, il Ridotto del Teatro Grande (o Foyer) è forse uno dei più mirabili esempi dello sfarzo architettonico settecentesco applicato a una struttura di spettacolo.
La sala, presente in tutti i Teatri moderni, è attigua alla più vasta sala teatrale vera e propria ed era soprattutto destinata, nell’Ottocento in particolare, ai vizi del gioco e del fumo. Attualmente il pubblico sosta nel Foyer prima dell’inizio degli spettacoli e vi s’intrattiene anche durante gli intervalli, potendo disporre altresì del Caffè del Teatro Grande - Berlucchi.
La sala si compone attualmente di una serie di paraste d’ordine gigante disposte lungo il perimetro tra le quali sono collocate delle logge con parapetti traforati, elementi distintivi dell’ambiente. La percorribilità perimetrale della sala, resa nella parte superiore dalle gallerie, viene ripresa nel portico terreno e nelle logge laterali realizzate attraverso illusioni pittoriche.
L’architetto Antonio Marchetti concluse nel 1765 le opere murarie, mentre i pittori veneziani Francesco Battaglioli e Francesco Zugno ne realizzarono il decoro ornamentale nel 1771.
È evidente in tutto l’ambiente la volontà di dilatare lo spazio interno e di creare una destinazione versatile da adattare alle diverse esigenze di utilizzo della sala: incontri e conversazioni, cerimonie e giochi d’azzardo. Anche dopo gli interventi decorativi dovuti al “restauro” effettuato da Antonio Tagliaferri nel 1894 (aggiunta delle specchiere, dei putti in gesso di Francesco Gusneri e delle statue affrescate di Bortolo Schermini), il salone rimane tra le più interessanti realizzazioni del Settecento bresciano per la particolarissima struttura architettonica a logge e per la decorazione affrescata.
La Sala delle Statue
Al di là dello scalone monumentale che accompagna i visitatori attraverso l’ingresso del Teatro Grande, si giunge alla Sala delle Statue, ambiente completato nel 1862 dopo numerose modifiche, che costituisce una sorta di anticamera del mondo del Teatro.
L’aspetto attuale della Sala, racchiusa fra enormi serramenti vetrati del primo Ottocento, è costituito da un peristilio con colonne lisce stuccate e capitelli ionici e da quattro pilastri angolari che sorreggono un sistema architravato con balaustra sormontato da 16 statue in gesso e tela gessata opera di Giuseppe Luzziardi.
La campagna di restauro intrapresa nel 2022 ha permesso di riportare alla luce l’antica decorazione settecentesca a cassettoni che copre la volta di questo primo ambiente dell’edificio, la quale è tornata ad essere visibile dopo oltre 150 anni dalla sua copertura.
Nel 1901 furono collocati due busti bronzei: a destra Gerolamo Rovetta, drammaturgo e romanziere bresciano, a sinistra Giuseppe Verdi. Molto più recente è la posa del terzo busto di bronzo, raffigurante il gran maestro e pianista bresciano Arturo Benedetti Michelangeli, avvenuta il 12 giugno 2002, in occasione del settimo anniversario della morte dell’artista. La scultura è opera del maestro Gian Pietro Moretti.
La Facciata
L'ingresso del Teatro Grande è parte di quell'asse più antico, settecentesco, che comprende anche il Ridotto e il Caffè del Teatro Grande Berlucchi. Risulta complesso osservare il volume edilizio del Teatro poiché l'edificio è incastonato tra i fabbricati adiacenti.
Il pronao, che dà sulla via più centrale e prestigiosa della città, corso Giuseppe Zanardelli, si allinea, come la terrazza balaustrata sovrastante, alla quota degli edifici confinanti che costituiscono il volume dei portici. Il fronte porticato, opera di Gaspare Turbini e di Antonio e Bertolo Vigliani, è della seconda metà del ‘700: le cinque aperture sono separate da quattro colonne caratterizzate dalla bugnatura a fasce orizzontali che coinvolge l’intera facciata.
L’ingresso al Teatro avviene attraverso la scalinata che conduce a tre grandi aperture rettangolari che segnano l’inizio della tripartizione degli ingressi successivi. Alla destra dei tre portali si apre, al più basso livello del pavimento dei portici, l’ingresso alla biglietteria, mentre la porta simmetricamente a sinistra era il vecchio accesso per il loggione. Sopra il portale centrale è murata una lapide originaria del XVII secolo che in un intenzionale latino enfatico esplicita il motto degli Accademici Erranti:
Hic reparatis Hephesi ruinis
Cynthia comitata musis vallata Amazonibus
non errat errando.
Haec si cupis intueri quis quis es
uno dempto Herostrato
ascende viator.
Oltre i portoni di accesso prosegue la grande scalinata. Le allegorie della tragedia e della commedia dipinte sulle pareti laterali conducono ai successivi tre portali d’ingresso alla Sala delle Statue. Entrambe sono opere di Gaetano Cresseri che le realizzò nel 1914.